Quando vivevo a Bruxelles, l’inverno durava tanto. Incominciava presto e finiva tardi. Cresciuta a latte e sole di Sicilia, faticavo un po' ad accettare il perenne grigiore del cielo bruxellese : una cappa pesante che gravava sulla testa. Non a caso cito, parafrasandolo, Baudelaire. È in questa città, infatti, che ha scritto Spleen.
I rami spogli degli alberi mi mettevano addosso un’infinita tristezza. Quasi scheletri umani che tendevano le braccia verso un cielo indifferente ed impassibile.
Soprattutto i toni monocromatici scombussolavano il mio sistema nervoso. La neve stessa mi soffocava (oddio per mezza giornata io, siciliana che la neve la vedeva in cartolina, mi lasciavo andare all’entusiasmo infantile che mi faceva esclamare: la neveeee la neveeeee). Per mezza giornata, appunto, poi mi sentivo soffocare. Rivolevo i colori.
Ma se l’inverno meteorologico e dell’anima duravano a lungo, è pur vero che ,seppur brevi, assistevi a spettacolari cambi di stagione. La tanto anelata primavera arrivava lentamente. Ti accarezzava solleticandoti impercettibilmente con le prime gemme. All’inizio non te ne accorgevi. Ma poi l’occhio catturava una spruzzata di verde qua e là. Una gemma, un bocciolo. E d’un tratto esplodeva in una miriade di colori. I fiori profumavano l’aria e arricchivano il paesaggio decorandolo.
Uno splendore.
Ma la stagione seppur breve che amavo di più era l’autunno. Un giorno andammo ai laghetti di Woluwe. I toni del rosso, del giallo e dell’arancio tingevano gli alti alberi che si specchiavano nell’acqua.
Una palette di colori degna di un grande pittore acquerellista. Quel giorno ricordo vedemmo uno scoiattolo rosso. Di quelli col ciuffetto sul capo e la coda grandissima. Rimasimo in silenzio, rapiti dalla magia del momento, che durò fino a quando lo scoiattolo con un balzo non scomparve dietro un ramo frondoso.
Ma ciò che ricordo con immenso piacere fu quella volta sotto casa , al parco del Cinquantenario. Avevamo appena attraversato l’arco e il prato ci accolse con sfumature di toni autunnali. Due file alternate di castagni ed ippocastani delimitavano i vialetti laterali e , sebbene gli alberi avessero ancora tante foglie sui rami, per terra era un tappeto folto di foglie arancioni e gialle.
I bambini sollevarono gli occhi verso di me, li spalancarono in una muta richiesta. Io abbassai il mento per dire si ed un attimo dopo li vidi sfrecciare a folle velocità verso quell’invitante tappeto dorato.
Poi si buttarono per terra e sollevarono a piene bracciate, strati e strati colorati.
Porterò sempre nel cuore il ricordo di quei colori meravigliosi accompagnati dal sottofondo delle risate felici dei miei bambini.
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